«Gli esseri umani trascorrono molto tempo cercando strenuamente di rendere la loro vita felice. Essi tendono a rifugiarsi nel loro piccolo mondo. Li confonde il fatto di non sapere di che cosa hanno bisogno, che cosa vogliono, e li coglie la depressione. I cani non hanno questo problema. Loro sanno esattamente che cosa li rende felici: fare qualcosa per qualcuno. Mettono in atto tutto quello che sono in grado di escogitare per compiacere i loro compagni umani, e ogni segnale del fatto che hanno avuto successo li rende molto felici». Parola dello scrittore John Richard Stephens.
E ciò che li rende terribilmente infelici è lo scoprire che nonostante tutti gli sforzi, gli esseri umani spesso quando si avvicinano è unicamente per maltrattarli. Così è purtroppo per 750 mila cani italiani, svela l’Aidaa dopo un’analisi incrociata delle segnalazioni giunte allo Sportello Animali, al Tribunale degli Animali e dei numeri emersi dalle trenta associazioni animaliste locali presenti in Italia.
Cifre inquietantiche fanno riflettere
Secondo l’Associazione animalista sono almeno 300 mila i cani tenuti legati con una catena troppo corta o rinchiusi in spazi troppo stretti, 150 mila quelli costretti a vivere in appartamenti angusti, quasi segregati, e mai portati fuori né per un corsettina né per i bisogni fisiologici quotidiani; e 50 mila i cani che ogni anno sono costretti a ricorrere alle cure veterinarie a causa di botte, violenze e ferimenti subiti tra le mura domestiche.
Non solo: circa 250 mila sono i cani malnutriti e tenuti in situazioni igienico-sanitarie deplorevoli, sottoposti a torture o obbligati a portare il collare elettronico, vietatissimo. «Il problema grosso è che molte violenze non vengono denunciate, restano sconosciute e quindi impunite», dice Lorenzo Croce, presidente nazionale dell’Aidaa. «Comunque abbiamo un aumento del 19,5 per cento, ovvero 145 mila maltrattamenti in più segnalati rispetto allo scorso anno. Sono tanti i casi che ogni giorno ci vengono comunicati e che purtroppo non hanno un seguito giudiziario, perché la gente conosce i lunghi tempi della giustizia e non se la sente di intraprendere un percorso giudiziario che può durare anni...». E poi le leggi spesso non vengono applicate. Il maltrattamento sugli animali è un reato punibile con il carcere. In quanti sono finiti dentro? «Due, forse tre», dice il presidente dell’Aidaa. «Noi in un anno abbiamo offerto 30 mila consulenze di tutti i tipi. Siamo presenti su tutto il territorio nazionale. E ne vediamo davvero tante. Un esempio? L’altro ieri pomeriggio una signora era a passeggio al parco Ravizza di Milano con il suo cagnolino, un meticcio di media taglia. All’improvviso si è avventato sul piccolo amico a quattro zampe un grosso Pit Bull, incustodito. Il meticcio ne è uscito malconcio, poverino, preso a morsi dal Pit Bull che ha smesso solo quando è arrivata la padrona. Lei lo ha preso al guinzaglio e se l’è portato via, senza dire una parola». Però. «Per la padrona del Pit Bull», riprende Croce, «c’è pure l’aggravante di omissione di soccorso. L’altra signora, ancora sotto choc, si è rivolta a noi: le abbiamo consigliato di denunciare l’incidente. In casi come questi le persone, sono già scosse per quanto accaduto e spesso non sanno cosa fare né a chi rivolgersi», spiega il presidente. Il numero di telefono dell’Aidaa (0222228518) è attivo dalle 9 alle 20.
Contro le violenzerivolgersi all’Asl
«Bisogna ricordare che i maltrattamenti domestici vanno segnalati ai veterinari delle Asl». E che il maggior numero di maltrattamenti si registra nel Sud, dove è più alto anche il numero degli abbandoni. Mentre al Nord le denunce riguardano soprattutto l’uso del collare elettronico. Secondo l’Aidaa sono ipotizzabili inoltre maltrattamenti per un numero altrettanto simile di gatti domestici. In questo caso le violenze vanno dalla tenuta in spazi angusti alle piccole sevizie. Nei casi più estremi si tratta di gatti tenuti legati alla catena, come recentemente scoperto in provincia di Verona.