Cuore di Gatto
Un Gatto Racconta....
La vidi per la prima volta che camminava
sotto la pioggia, con i capelli scompigliati
dal vento e la sua eterna aria distratta.
Era un giorno freddo e io cercavo un angolino
come riparo. All’improvviso anche lei mi vide e il
suo sguardo, da perso e lontano che era, si riempì
di tenerezza. Forse perché ero poco più che un
cucciolo. Forse perché nei miei occhi grandi e
impauriti ha rivisto se stessa. O forse perché la
solitudine porta ad affezionarsi anche ad un gatto
randagio.
Mi ha preso in braccio e mi ha portato con sé.
Da quella sera ho scoperto il calore di una casa,
il profumo del cibo buono, le carezze leggere di
una mano. E ho capito che non c’è male peggiore
dell’essere soli.
Lei era di una bellezza malinconica, proprio come
la sua casa, pulita, ordinata, ma piena di silenzi
e ricordi. Miriadi di foto sulle quali spesso si
soffermava, con dolore. La nostalgia riesce ancora
a pungere, nonostante gli anni. Aveva un’altra
vita, un tempo: il suo sorriso, catturato dal flash e
impresso su quelle pareti, raccontava tutto.
Ma dal giorno in cui mi aveva portato con lei, ho
rivisto accendersi qualcosa. Il fatto di scoprirla
compiaciuta mentre gustavo il mio pranzo, di
scorgerle un mezzo sorriso se giocavo col mio
gomitolo di lana e di vederla sollevata quando
rientrava in casa e mi trovava nella mia cesta,
tutto questo mi diceva che riuscivo anch’io ad
accarezzarle il cuore.
Era nato un rapporto fatto di sguardi complici,
di pomeriggi trascorsi sul divano, accovacciato
sulle sue ginocchia, di gesti pieni d’affetto di cui
entrambi avevamo bisogno. Io non so quanto
bene possa averle fatto, ma so quello che lei ha
fatto a me.
Poi è arrivato il giorno in cui sentivo che presto
me ne sarei dovuto andare; è per questo che mi
sono attaccato a lei più intensamente. Le stavo
sempre vicino, non smettevo mai di cercare le sue
carezze, ogni tanto la guardavo con i miei occhi
senape per poterle sussurrare addio. Ma noi gatti
non abbiamo le parole e non lo so se riusciamo,
con lunghi silenzi e pochi miagolii, a raccontarvi il
nostro mondo.
Gli ultimi giorni ho dormito sul suo guanciale. Lei,
intuendo tutto dal mio incedere lento e dal mio
sguardo stanco, ha lasciato fare. Aveva paura del
distacco, forse più di me.
Poi è successo. Me ne sono andato così come
sono arrivato. In silenzio.
Ha pianto tanto, e io non ero lì a consolarla, come
avevo sempre fatto. Non ci credevo che quella
tristezza infinita era tutta per me. Forse anch’io ero
riuscito a farle vedere il mondo un po’ più bello, un
po’ più speciale. Forse quella cesta vuota rimarrà
lì, accanto al divano, perché non avrà il coraggio di
toglierla. E forse, andando via, ho davvero bucato
il suo cuore. Ci sono spazi che, una volta riempiti
e poi svuotati, non si riempiono più.
Anche a me manca tantissimo. E sono meno che
un uomo, non ho quell’universo immenso che
avete voi dentro. Il mio cuore è piccolo, ci stanno
dentro due o tre cose. Lei c’era, lei che è così
grande per me. Lei ci è entrata tutta.
Eppure il mio è solo un cuore di gatto.
Debora Pascuzzi